La Pastiera napoletana: simbolo della primavera e della tradizione pasquale
Aromi di fiori d’arancio e limoni, frutta candita e pasta frolla, crema di grano e ricotta, questi sono gli odori che nel periodo di Pasqua invadono le case di Napoli. E’ la pastiera napoletana, dolce tradizionale della pasticceria partenopea, antichissimo e sempre goloso. In realtà, essendo un simbolo della città al punto da essere stato ufficialmente riconosciuto come prodotto agroalimentare tradizionale campano, è possibile trovare la pastiera tutto l’anno in molte pasticcerie di Napoli per la gioia dei turisti e anche dei residenti.
Nella sostanza, la pastiera è una torta di pasta frolla aromatizzata ripiena di crema a base di grano cotto nel latte e ricotta, aromatizzata con scorze di arancia e limoni. L’aspetto ricorda una crostata essendo ricoperta da strisce di pasta frolla intrecciate ed ha un colore dorato e lucente molto invitante.
L’origine è antichissima e affonda nel simbolismo pagano legato alla primavera, alla rinascita e alla prosperità per poi diventare, in epoca più recente, un dolce simbolo della Pasqua.
Sebbene sia un dolce sicuramente napoletano, è diffusa con diverse varianti, comunque tradizionali, in tutta la regione Campania. Infine, non mancano le interpretazioni più moderne che partendo dalla tradizione la reinterpretano in chiavi più attuali e alla moda.
Ingredienti e preparazione
La preparazione della pastiera napoletana richiede pazienza. Il procedimento è complesso e sono richiesti molti ingredienti e lavorazioni distinte.
Il primo passo è la preparazione della pasta frolla aromatizzata agli agrumi. Poi si passa alla crema di grano bollito nel latte, arricchita con zucchero, ricotta di pecora, uova, canditi, scorze di arance e limoni e acqua di fiori d’arancio.
Infine, si assembla il tutto stendendo la pasta frolla in una tortiera dal bordo alto detta ruoto, la si farcisce con la crema e si ricopre il tutto con strisce di pasta frolla intrecciata. In questo modo si ottiene il tipico contrasto tra il croccante della pasta frolla e la morbidezza della crema. All’uscita dal forno, poi, si può aggiungere una spolverata di zucchero a velo. Fondamentale, però, è lasciarla riposare per un giorno. Il nome pastiera, infatti, deriva da “pasta r’aier” cioè pasta di ieri ed è proprio riposata che da il meglio di sé. Ecco perché viene tradizionalmente preparata il giovedì o il venerdì Santo per essere poi mangiata a Pasqua e a Pasquetta. Se sei un turista, però, non preoccuparti. Oggi puoi trovare la pastiera tutto l’anno in molte pasticcerie di Napoli.
Le varianti: tradizione e modernità
Quella descritta sin qui è la versione più famosa della pastiera napoletana. Ne esistono, tuttavia, diverse varianti tradizionali sia dolci che salate diffuse in varie parti della regione Campania. Partendo proprio da Napoli troviamo la pastiera rustica. Simile a quella dolce, sostituisce zucchero e canditi della crema con salumi, formaggi e ciccioli. Uscendo da Napoli e dirigendoci a Torre del Greco e Torre Annunziata incontriamo la pastiera ‘e ferellini, cioè a capellini d’angelo. Questa pastiera è fatta con spaghetti sottilissimi mischiati a un composto di uova, zucchero, canditi e aromi agrumati. A Benevento, Salerno e nel Cilento, poi, si trova la pastiera di riso, la variante forse più diffusa. E’ molto simile alla pastiera napoletana ma la base della crema è il riso e non il grano.
Affianco alle varianti della tradizione si diffondono sempre più le rivisitazioni moderne. A volte si tratta di semplici sostituzioni degli ingredienti come la ricotta di bufala al posto di quella di pecora o l’utilizzo di grani particolari come il Senatore Cappelli oggi largamente coltivato in Cilento. Altre volte, invece, si tratta di innovazioni vere e proprie come il gelato alla pastiera o le reinterpretazioni di chef stellati o pasticcieri famosi.
Origine e storia della pastiera napoletana
Leggende
Le origini della pastiera napoletana sprofondano nella notte dei tempi per giungere, addirittura, alla fondazione stessa di Napoli. Leggenda vuole, infatti, che a creare la famosa torta sia stata la sirena Partenope in persona. Gli abitanti del villaggio, per ringraziarla di aver scelto proprio quel golfo come dimora e per la sua voce melodiosa, le regalarono sette primizie della natura che la sirena mescolò con arti magiche ottenendo la prima pastiera della storia!
Un’altra leggenda vuole, invece, che sia stato il Mare a mischiare gli ingredienti contenuti nelle ceste che alcune donne avevano lasciato sulla spiaggia per chiedere al Mare stesso di lasciar tornare a casa sani e salvi i loro uomini pescatori.
Esistono, poi, svariate altre leggende che fanno risalire le origini della pastiera ai riti delle sacerdotesse della Dea Cerere, in epoca romana, o alle focacce rituali diffuse all’epoca di Costantino.
Infine, sempre in tema di leggende, si è diffusa la credenza, invero infondata, che le strisce di pasta frolla debbano essere necessariamente sette, vuoi per richiamare i sette ingredienti fondamentali, vuoi con riferimento alle virtù teologiche e vuoi per riprendere la struttura urbanistica della Napoli greco-romana costituita da tre decumani e quattro cardini.
La storia della pastiera napoletana
Fatto sta che per trovare un riferimento scritto ed esplicito alla pastiera bisogna aspettare il seicento. Infatti, la pastiera è citata nella favola la gatta Cenerentola di Giambattista Basile, inclusa nella celebre raccolta di favole popolari Lo cunto de li cunti (1634-1636).
La prima ricetta scritta risale, invece, al 1693 e compare nel trattato di cucina Lo scalco alla moderna di Antonio Latini, scritto e pubblicato a Napoli.
Tra gli ingredienti della ricetta di Antonio Latini, oltre a grano e ricotta, erano previsti formaggio grattato, pepe, sale, pistacchi in acqua rosa muschiata, latte di pistacchi, tutto raccolto in pasta di marzapane stemperata con altri aromi antichi. Una bella differenza rispetto alla pastiera che mangiamo oggi e che troviamo formalizzata, per la prima volta, in un libretto dialettale Cusina casarinola all’uso nuosto napolitano scitto da Ippolito Cavalcanti nel 1837. Nel mezzo duecento anni di evoluzione dovuta, soprattutto, alle monache dei conventi napoletani e a quelle del convento di San Gregorio Armeno in particolare. Le pastiere di queste ultime acquistarono grande fama nel XVII secolo quando divennero regalo abituale, per Pasqua, alle famiglie aristocratiche della città.
Infine, trattandosi di questioni napoletane, nella storia della pastiera non possono certo mancare i Borbone. Così pare che la regina Maria Teresa d’Austria, moglie di re Ferdinando II, nota per non ridere mai proprio non poté trattenere un sorriso quando spinta dal marito finalmente assaggiò la pastiera.
Per approfondire
- GialloZafferano – Pastiera Napoletana, ricetta originale di Gambrinus di Napoli (video);
- Casa Pappagallo – Pastiera tradizionale napoletana (video);
- Pastiera napoletana: 3 ricette di Sal De Riso – Minori (video);
- La Cucina Italiana – La vera storia della pastiera napoletana (sito web);
- Fanpage.it – La ricetta della pastiera napoletana di chef Cannavacciuolo (sito web);
- Fanpage.it – La ricetta della pastiera di Sal De Riso (sito web);
- Dissapore – Pastiera napoletana: le varianti da prendere sul serio (sito web);
- Cookist – Sapete perché la pastiera napoletana si ricopre con 7 strisce di pasta frolla? (sito web);