Cosa sono Vaccheria e San Leucio
I borghi di San Leucio e Vaccheria sono due delle 23 frazioni del comune di Caserta. Sono situate sulle pendici dei monti Tifatini, a nord ovest del capoluogo. San Leucio dista circa 3,5 km dal centro di Caserta. A sua volta, Vaccheria è separata da San Leucio da circa 1,5 km di strada in leggera pendenza.
Devono il loro aspetto attuale, di chiari tratti settecenteschi, prevalentemente all’opera dei Borbone e, in particolare, di Ferdinando IV che vi promosse attività agricole, di allevamento di bovini e manifatturiere.
Così il borgo di Vaccheria si è sviluppato a partire da un allevamento di vacche sarde promosso dal Re e San Leucio fu teatro di un ambizioso esperimento di socialismo reale e dispotismo illuminato sviluppatosi attorno alla manifattura della seta.
Oggi i due borghi si presentano come piccoli centri abitati immersi nel verde con vista sul golfo di Napoli e il Vesuvio e custodiscono segni tangibili dell’importante passato Borbonico. In particolare San Leucio ospita il Real Belvedere che è parte del patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO.
Cosa vedere a Vaccheria e San Leucio
Ciò che è interessante vedere nei due borghi sono, innanzitutto, i borghi stessi.
In particolare, San Leucio ci offre:
- L’ Arco borbonico
- Il Quartiere trattoria
- Il Real belvedere con museo della seta e casa del tessitore
- I quartieri operai e la casa del tessitore
- La Chiesa di San Ferdinando Re
A Vaccheria troviamo, invece:
- Il borgo
- La Chiesa di Santa Maria delle Grazie
- Il Casino Vecchio della Vaccheria con scorcio panoramico sulla piana di Caiazzo e il fiume Volturno
- Il sentiero sulle pendici del monte San Leucio
San Leucio
La frazione di San Leucio si presenta come un borgo tranquillo disteso alle pendici del monte omonimo e ai piedi del complesso monumentale del Real Belvedere. Per un breve periodo, dal 1866 al 1928 è stata anche un comune autonomo.
Iniziamo la nostra breve esplorazione del borgo da piazza della Seta, dalla quale già si vede in prospettiva il Real Belvedere.
Quartiere Trattoria
Attraversati i resti di una cancellata che dà su via Antonio Planelli si incontra, sulla sinistra, il quartiere Trattoria. Vi si accede attraverso un ampio portale con vestibolo ed è, in realtà , costituito da un unico casamento sviluppato attorno ad un cortile triangolare.
L’edificio, costruito tra il 1794 e il 1798 e tuttora abitato, serviva come alloggio e luogo di ristoro per i visitatori del re. È opera dell’architetto Francesco Collecini, già primo intendente di Luigi Vanvitelli e poi Architetto particolare del Re Ferdinando IV, che ha legato il proprio nome ai cantieri della Reale Tenuta di Carditello, della Reggia di Caserta, dell’Acquedotto Carolino e, ovviamente, della Real Colonia di San Leucio della quale fu il principale artefice.
Arco Borbonico
Superato il quartiere Trattoria si incontra il maestoso Arco Borbonico, in realtà già ben visibile dalla piazza della Seta. Alto 13 metri e largo 9 è sormontato dallo stemma Borbonico posto tra due leoni. Costituisce la principale porta d’accesso alla colonia reale ma la sua origine è pre-borbonica. Infatti ha origini seicentesche quando era il varco d’accesso alla proprietà feudale dei Principi Acquaviva, signori di Caserta.
Oltrepassato l’arco, pochi metri ci separano dalla cancellata che chiude le ex scuderie borboniche e la scalinata a doppia rampa che conduce al Real Belvedere.
I quartieri operai e la casa del tessitore
Prima di salire la scalinata, però, non perdiamoci una piacevole passeggiata per via Giardini Reali e via Vaccheria lungo i due quartieri storici di San Carlo, a sinistra, e San Ferdinando a destra.
Le due strade si sviluppano ai piedi del Real Belvedere e accolgono i due casamenti suddivisi in trentasette unità abitative destinate agli operai delle seterie della Real Colonia di San Leucio.
Le abitazioni furono realizzate tra il 1786 e il 1794 da Francesco Collecini che abbiamo già incontrato parlando del quartiere Trattoria. Erano donate dal Re agli abitanti della colonia e sono ancora oggi abitate.
Mentre camminiamo facciamo attenzione ai tanti particolari interessanti di cui è disseminato l’intero borgo. Ad esempio, le due splendide fontane che decorano gli angoli dei casamenti alla fine della salita di via Planelli o le tettoie in stile liberty che spiccano sulle porte d’ingresso di alcune abitazioni.
A proposito delle abitazioni degli operai, al numero 8 di via Giardini Reali si trova la Casa del Tessitore, esempio di casa colonica visitabile acquistando il biglietto presso la biglietteria del Real Belvedere.
Le vigne di San Leucio
Alzando, poi, lo sguardo verso il Real Belvedere possiamo cogliere le tre anime che animavano questo luogo in epoca Borbonica.
L’anima signorile e l’anima industriale saltano subito agli occhi ben rappresentate dal complesso architettonico del Real Belvedere nel quale convivono magistralmente due anime così diverse e, apparentemente, inconciliabili.
L’altra, quella agricola, è oggi purtroppo nascosta dall’incuria e da eterni lavori di recupero. E’, in realtà , una preesistenza legata alle colture degli Acquaviva. Ai lati della scala a doppia rampa che conduce al Belvedere, dove oggi ci sono sterpaglie e poco altro, c’erano due vigne, Torretta e Pomarello. E non erano le sole. Più a est, in direzione del parco della Reggia, c’era la vigna detta del Ventaglio caratterizzata da una struttura a semicerchio, diviso in 10 raggi, ciascuno contenente viti di specie diverse, indicate su lapidi di travertino. E poi uliveti e frutteti per assicurare la produttività e l’autosufficienza della Real Colonia seguendo un modello che ritroviamo anche nella Real Tenuta di Carditello, a Capodimonte e persino nella Reggia di Caserta. Tutti questi luoghi non erano solo sfarzose residenze reali ma anche veri e propri siti produttivi, industriali e/o agricoli.
Real Belvedere e Museo della Seta
Finita la passeggiata lungo le vie del borgo, possiamo infine avviarci verso il Real Belvedere, interessantissimo esempio di archeologia industriale, che oggi ospita il Museo della Seta e rientra nel patrimonio mondiale dell’umanità UNESCO.
Il complesso architettonico, ampliato e modificato dai Borbone ma risalente agli Acquaviva, ospitava un opificio serico e appartamenti reali. La cosa più importante, però, è che l’intero complesso era stato concepito da Re Ferdinando IV come il centro di una nuova città , Ferdinandopoli, dotata di ampia autonomia e di uno statuto speciale ispirato ai principi del dispotismo illuminato e del socialismo reale. I moti susseguenti alla Rivoluzione Francese posero fine sul nascere all’ambizioso progetto che non riprese slancio neppure dopo la restaurazione Borbonica del 1815 e fu definitivamente affossato dall’Unità d’Italia.
La Chiesa di San Ferdinando Re
Oltre al museo, il complesso ospita anche la chiesa di San Ferdinando Re, tuttora aperta al culto, che funge da Chiesa parrocchiale per la comunità di San Leucio dal 1778. Vi si accedete dalla scala a doppia rampa posta sulla facciata principale proprio di fronte allo spiazzo panoramico che domina il borgo sottostante e dal quale è possibile vedere il golfo di Napoli con le sue isole e, sulla sinistra, il Vesuvio.
Finita la visita del borgo di San Leucio possiamo dirigerci al vicino borgo di Vaccheria.
Vaccheria
Il modo più semplice e piacevole per raggiungere Vaccheria da San Leucio è proseguendo su via Vaccheria, poco più di un chilometro e mezzo di strada in leggera pendenza che termina proprio di fronte alla principale attrazione del borgo, la chiesa di Santa Maria delle Grazie sulla piazza omonima.
Il borgo
Il borgo ha origini molto antiche in quanto era inizialmente un piccolo insediamento romano situato nei pressi di un tempio dedicato alla dea Diana Tifatina.
L’aspetto attuale, invece, si deve in gran parte a Ferdinando IV che nel 1773 costruì il primo nucleo del borgo predisponendo ambienti per l’allevamento di vacche sarde, da cui il nome, e canetterie (ricoveri) per i suoi cani da caccia. Successivamente, sempre su impulso di Ferdinando IV, il borgo fu ampliato per soddisfare le esigenze industriali della vicina San Leucio e del borgo stesso dove all’allevamento fu affiancata la lavorazione del cotone e del pellame.
Tracce del passato sono sparse ovunque. Camminando sul lato destro della chiesa si incontra un lavatoio abbeveratoio testimone del passato agricolo del borgo mentre le case a schiera sul lato sinistro della chiesa ospitavano, originariamente, gli inservienti del Re come canettieri e guardiacaccia. A Vaccheria, inoltre, sarebbero disseminate lapidi in memoria degli amati cani del Re fatte apporre dal Re stesso.
La chiesa di Santa Maria delle Grazie
Baricentro del piccolo borgo di Vaccheria e luogo di maggior interesse è la chiesa di Santa Maria delle Grazie.
La costruzione della chiesa iniziò nel 1803 e si concluse in soli 23 mesi. Venne, infatti, inaugurata il 2 luglio 1805, giorno dedicato proprio alla Madonna delle Grazie che divenne, così, la patrona di Vaccheria. Inoltre, in occasione dell’inaugurazione, il Papa concesse al Re un Giubileo speciale di otto giorni da celebrarsi in perpetuo nella ricorrenza della festa della Santissima Vergine delle Grazie.
Ma come mai tanta solennità per una chiesa tutto sommato piccola e defilata in provincia? L’origine è da ricercarsi in un voto di riconoscenza fatto dal Re Ferdinando IV in persona. Infatti, durante il periodo della Repubblica Napoletana (1799) la corte fu costretta a trovare riparo a Palermo. Il Re fece allora un voto: se avesse riconquistato il Regno di Napoli, avrebbe costruito una chiesa in omaggio alla Madonna delle Grazie a Vaccheria, luogo che amava profondamente. Così, tornato a Napoli nel 1802 diede seguito alla promessa. Fece costruire la chiesa e offrì, alla crescente comunità locale, un nuovo e più grande luogo di riunione, poiché il vecchio punto d’incontro presso la cappella nel Casino Vecchio non poteva più ospitare tutti.
Incaricato dei lavori fu il solito Collecini, nome ricorrente nell’architettura ed urbanistica Borbonica, che morì prima di completare l’opera.
L’intera struttura con il sagrato è leggermente rialzata rispetto al piano dell’antistante piazza e vi si accede attraverso due rampe di scale simmetriche. La facciata della chiesa, in stile neogotico con inserti neoclassici, è realizzata in tufo ed è inquadrata tra due campanili. La struttura interna della chiesa, da un’unica navata, è invece decorata in stile barocco. All’interno spicca la pala sull’altare maggiore e altre tele del XIX secolo nonché il pavimento in marmo policromo di Carrara.
Dal 1953, la Chiesa di Vaccheria è diventata un Santuario Mariano.
Il sentiero sulle pendici del monte San Leucio
Usciti dalla chiesa e con lo sguardo alla facciata abbiamo due possibilità di visita. Sulla destra, poco dopo la fontana abbeveratoio, inizia un breve sentiero sterrato che, costeggiando il monte San Leucio, ci porta alle spalle del Real Belvedere. Il percorso è molto panoramico, quasi completamente pianeggiante e adatto a tutti. Se hai un po’ di tempo e ti piace camminare non rimarrai deluso.
Il Casino Vecchio
Sulla sinistra, invece, un chilometro di strada asfaltata in leggera salita ci separa dal punto più alto e più vecchio del borgo: il Casino Vecchio.
L’Antico Casino Reale era il luogo in cui Ferdinando IV riposava dopo le battute di caccia al cinghiale sui Monti Tifatini. Ha l’aspetto di una villa signorile di campagna con pianta rettangolare e facciata su un vasto piazzale panoramico. La facciata è decorata con paraste doriche e, al piano nobile, presenta una balconata panoramica con loggia coperta a 3 arcate. Da qui si apre un suggestivo panorama sulle valli sottostanti e la piana del fiume Volturno. All’interno, c’è anche una cappella dedicata a San Leucio, vescovo di Brindisi, un santo importante nella Caserta pre-borbonica.
Nel Casino di caccia morì di vaiolo il 17 dicembre 1778 l’erede al trono Carlo Tito, a soli 3 anni. Questo tragico evento spinse Ferdinando IV e Maria Carolina ad abbandonare il palazzo, che da allora prese il nome di “Casino Vecchio” per distinguerlo dal nuovo casino del Belvedere.
Oggi, il Casino Vecchio versa in uno stato di profondo degrado e abbandono a causa del trascorrere del tempo e del mancato restauro. Non è visitabile ma almeno si può godere di un bel panorama.
Lo Statuto della Real Colonia di San Leucio
I borghi di Vaccheria e di San Leucio sono molto interessanti. Conservano vestigia dell’importante passato Borbonico ed offrono luoghi di grande interesse storico ed artistico. Uno su tutti il Real Belvedere che, come detto, è patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Tuttavia, ciò che rende questi luoghi davvero unici, è il destino che Re Ferdinando IV aveva previsto per loro, destino formalizzato nello statuto speciale che ne regolava l’autonomia e la vita.
Infatti, nel 1789, il sovrano firmò un’opera esemplare che conteneva i principi fondanti della comunità di San Leucio, “Origine della popolazione di San Leucio e suoi progressi fino al giorno d’oggi, con le leggi corrispondenti al buon governo di essa di Ferdinando IV Re delle Sicilie“, comunemente nota come gli “Statuti di San Leucio“.
Gli Statuti di San Leucio, di cui l’estensore è rimasto sconosciuto, furono pubblicati in 150 esemplari dalla Stamperia Reale del Regno di Napoli.
Il testo era suddiviso in cinque capitoli e ventidue paragrafi e rifletteva le aspirazioni del dispotismo illuminato dell’epoca per interpretare gli ideali di uguaglianza sociale ed economica, prestando particolare attenzione al ruolo della donna nella comunità .
Lo statuto regolamentava la vita nella fabbrica e i rapporti tra gli abitanti e tra questi e lo Stato. Furono introdotti principi rivoluzionari per l’epoca che posero San Leucio all’avanguardia nell’età dei lumi.
Non c’era alcuna differenza tra gli individui, indipendentemente dal lavoro svolto. Uomini e donne godevano di una totale parità in un sistema basato esclusivamente sul merito. La produttività era incentivata con un bonus in denaro basato sul livello di perizia raggiunto dagli operai. L’orario di lavoro era di 11 ore, mentre nel resto d’Europa erano 14, e l’età minima per l’accesso al lavoro era di 15 anni.
Venne istituita la prima scuola dell’obbligo femminile e maschile in Italia.
Per contrarre matrimonio, gli uomini e le donne dovevano avere rispettivamente almeno 20 e 16 anni e dimostrare di aver conseguito un “diploma al merito” concesso dai Direttori dei Mestieri.
I matrimoni avevano luogo il giorno di Pentecoste con una cerimonia speciale in cui ogni coppia riceveva mazzi di rose, bianche per gli uomini e rosa per le donne, scambiandoli come promessa di matrimonio davanti agli anziani del villaggio.
La proprietà privata era tutelata, ma erano abolite le doti e i testamenti. I beni del marito deceduto passavano alla vedova e poi al “Monte degli orfani“, una cassa comune per i meno fortunati gestita da un prelato. Era, inoltre, istituita una cassa comune “di carità ” in cui tutti contribuivano con una parte dei loro guadagni.
Le questioni personali erano giudicate dall’Assise degli Anziani di nomina elettiva, che monitoravano anche l’igiene delle abitazioni e potevano deliberare sanzioni disciplinari e espulsioni dalla colonia.
Infine, gli abitanti erano liberi di lasciare la colonia quando desideravano, ma si cercava di scoraggiare questa possibilità vietando il ritorno in colonia o riducendo le liquidazioni.
Come già detto, la realizzazione di questo progetto utopico, che oltre allo statuto prevedeva la costruzione di una nuova città , non fu mai portata a compimento. Vicende storiche come la rivoluzione francese e l’unità d’Italia hanno impedito che il progetto si consolidasse. Tuttavia, l’eredità industriale dei Borbone è arrivata ai nostri giorni e sete provenienti da San Leucio ancora impreziosiscono importanti dimore come il Quirinale, la Casa Bianca e Buckingham Palace.
Per approfondire
- San Leucio, tra storia e memoria (video);
- Real Borgo di San Leucio (sito web);
- Ferdinandopoli, la fragile utopia (sito web);
- sanleucionline (sito web);